Scipione Vinciguerra e Nicolò Erizzo: i primi “influencer” dell’acconciatura in Italia. Quando i barbieri estraevano i denti. Dall’Inquisizione al Doge che sdogana la parrucca
E’ la sera del 21 dicembre 1668 quando il conte Scipione Vinciguerra di Collalto, reduce da un viaggio a Parigi, passeggia in piazza San Marco a Venezia con una vistosa parrucca. E’ la prima ad apparire in Italia e ciò desta entusiasmi e incredibili reazioni. Sfidando un decreto del Consiglio dei Dieci del 29 maggio 1668 che ne vieta l’utilizzo, la sua da “provocazione” si trasforma presto in una rivoluzione. Le imitazioni da subito non mancano e la moda diventa presto universale, malgrado le proibizioni e il pericolo di essere multati (decreto del 7 maggio 1701).
I CONTROLLORI DIVENGONO “PECCATORI”
Una tassa di difficile esazione, quella introdotta dal Consiglio dei Dieci, dato che la lista dei parruccanti da tassare viene affidata ai parroci. Gli stessi che, all’inizio del Settecento, declineranno l’utilizzo della barba (ad eccezione dei cappuccini) per convertirsi alla parrucca. Verranno pure fissati dei veri e propri canoni per la capigliatura “da prelato”: capelli arricciati, lunghi e sciolti. La discussione morale sulla parrucca presto tiene banco nel mondo ecclesiastico, con chi non la ritiene irriverente se portata con un aspetto simile a una chioma naturale (Zaccaria Pasqualigo) e chi invece la rigetta a seguito di una Congregazione tenutasi a Roma (Dominico Ursaya).
L’INQUISITORE E LA MOGLIE
Lo storico e diplomatico francese Limojon de Saint-Didier (ospite a Venezia tra il 1672 e il 1674), cerca di spiegare la ragione di tanto astio da parte della Repubblica di Venezia sull’utilizzo delle parrucche: “uno degli Inquisitori di Stato si accorse che spesso venivano a trovare sua moglie gentiluomini con voluminose capigliature bionde, e in altri incontri questi gli sembravano le avessero nere. Incominciò a insospettirsi per simili travestimenti […] e poiché riuscì a ottenere il consenso dei suoi colleghi la decisione fu ipso facto presa” non senza reazioni “da parte della gioventù dorata e della vecchiaia calva”.
Solo per i calvi viene concesso di mettere un parrucchino, a mo’ di zucchetto, che i veneziani chiamano callotta. Poi le dimensioni della callotta aumenteranno.
Vi saranno varie forme di parrucche: a gropi cioè a riccioli annodati in fine; alla cortesana, con ampia scriminatura, discendente davanti sulla spalla sinistra e dietro la spalla destra; alla delfina, con alto ciuffo ondulato; a due bande, quasi a formare due ali ai lati della scriminatura.
IL DOGE “SDOGANA” LA PARRUCCA
Nel 1709 è il doge Giovanni Corner a indossare per primo la parrucca, mentre nel 1723 fanno la loro comparsa le parrucche femminili. La parrucca ormai è sdoganata. L’ultimo nobile a indossarla è Antonio Correr da S. Marcuola, morto il 7 gennaio 1758.
UNO STATUS SYMBOL DA SEIMILA DUCATI
Giusto per capire la portata di questa rivoluzione d’immagine (a cui sono avversi soprattutto gli anziani), il giovane Nicolò Erizzo, dell’omonima famiglia nobiliare veneziana, ne fa persino una questione di principio.
Nicolò – che potremmo considerare una sorta di “antico” influencer – ama i nuovi costumi dell’epoca. Oltre a indossare vistose calze rosse e scarpe bianche, utilizza una parrucca al primario scopo di nascondere una lunga cicatrice sulla fronte, rimediata qualche anno prima per un colpo di sciabola ricevuto a causa del suo spirito libertino. Adirato per l’aspetto del figlio, il padre decide di diseredarlo, designando come “erede” l’Ospedale della Pietà, almeno fino a quando Nicolò non avrà deciso di tornare a costumi più sobri.
Pur di non dover scendere a compromessi di “stile”, Nicolò dona da subito all’Ospedale della Pietà seimila ducati, purché l’Ospedale rinunci a tale eredità (che sarebbe comunque arrivata dopo molti anni).
BARBIERI E PARRUCCHIERI, DAL SACRO AL PROFANO
I patroni dell’Arte dei Barbieri sono i santi Cosma e Damiano. Il loro primo statuto nasce nel 1270 e dal 1285 vengono emanate disposizioni sul pagamento della quota di ammissione e sul giuramento.
Sì, giuramento.
Perché il mestiere all’epoca richiede competenze di carattere medico: estrazione di denti, medicazione di ferite e conoscenza della diffusissima pratica del salasso, che prevede l’incisione delle vene per la riduzione della pressione sanguigna: ogni maestro deve munirsi di un recipiente di vetro graduato per misurare il sangue da estrarre secondo le prescrizioni ricevute dal medico.
Fino al 1435 l’arte dei Barbieri è unita a quella dei Parrucchieri che, inizialmente, sono poco diffusi, soprattutto se si pensa che le donne fino ad allora sono solite acconciarsi i capelli per conto proprio.
Nella loro nascita di concezione “moderna”, i Parrucchieri sono per lo più francesi. Un censimento del 1762 rileva in Venezia ben 958 fra barbieri e parrucchieri (fra cui 52 donne): un numero che diminuirà al calare del “boom” delle parrucche (nel 1773, ad esempio, scendono già a quota 787).
Un certo padre Michele Casati si scaglia contro i “moderni” Parrucchieri, ritenendo “disonesto e turpe” farsi acconciare il capo da un uomo, soprattutto per difendere la testa dei mariti da altri tipi di “acconciature”:
“Perché i sa far le creste / E la fronte un poco alzà
I xe ciamai da tute, / zovene, bele e brute.
I core qua e là. /Per questo elli se crede
De aver gran nobiltà; / nel trato affettatissimi,
el titol d’Illustrissimi / i vol che ghe sia dà”
LA CURIOSITA’: COME NASCE LA “SOLANA”
Ad oggi questo termine è legato al pensiero del classico “colpo di sole” estivo, legato alla lunga esposizione ai raggi solari.
Questa parola deriva però da una vera e propria tecnica nata nel ‘500 a Venezia, utilizzata per rendere biondi i capelli. Quando il sole era più cocente, le donne erano solite andare nell’altana bagnandosi la testa con una spugna imbevuta d’un acqua intitolata bionda o acqua di gioventù. Asciugati i capelli, tornavano a bagnarli ancora, proseguendo nell’operazione più volte. Nel fare questo, si coprivano le spalle con un telo di seta bianca chiamato schiavonetto e indossavano un cappello di paglia senza fondo – la solana, appunto – attraverso il quale facevano uscire i capelli che andavano ad adagiarsi sulle tese dello stesso, esponendoli così ai raggi solari.
Alberto Sanavia
BIBLIOGRAFIA
– Distefano Giovanni – Atlante Storico della Serenissima, 1600-1797 – Supernova, 2010
– Raponi Nicola – Le Carte e gli uomini, Storia della cultura e delle istituzioni (secoli XVII-XX) – Vita e Pensiero, 2004
– De Giorgi Fulvio – La parrucca dei preti
– Manno Antonio – I mestieri di Venezia. Vol. 1 – Biblos Edizioni, 1995
– Tassini Giuseppe – Curiosità Veneziane, Volume 2 – Filippi Editore Venezia, 2009
– La Ville et la République de Venise, Claude Barbin, 1680
– Preto Paolo – I servizi segreti di Venezia – Il Saggiatore Tascabili, 2010
IMMAGINI
– Il doge Giovanni I Corner, https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Giovanni_Cornaro.jpg
– Il parrucchiere di Pietro Longhi, https://it.wikipedia.org/wiki/File:Pietro_Longhi_013.jpg
– https://pixabay.com/it/users/MichaelGaida-652234/
– Sutura di una ferita minore presso un barbiere, Gerrit Ludens – https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/9d/Gerrit_Ludens_Schulteroperation.jpg