Misteri, fonti incerte e confusioni storiche. Quello di Michele Marieschi è il racconto di una vita meglio delineatasi nel tempo, riordinata e fuoriuscita lentamente da soffici e offuscate nuvole, come quelle da lui dipinte in diverse opere. Banalizzando, oggi lo si definisce brevemente “pittore vedutista e incisore”, ma solo la ricostruzione degli storici – nonostante le poche fonti a loro disposizione – è riuscita a collocarlo come tra i maggiori vedutisti del Settecento.
Per questo, ribaltando il classico incedere delle biografie, è bene partire dalla fine.
LA MORTE, L’ALLIEVO, LA MOGLIE E LA MALEDIZIONE
E’ il 18 gennaio 1744 (1743 more veneto) e Michele ha appena 33 anni. Cinque giorni prima ha compilato il testamento. La sua morte è prematura anche per l’epoca, ma ancora oggi non se ne conosce la specifica ragione. La causa della sua scomparsa si attribuisce in maniera quasi filosofeggiante «per la troppa assiduità della fatica e lo studio soverchiamente intenso». Un po’ poco per comprendere quale malattia avesse invaso il suo corpo. A piangerlo c’è la moglie Aurola Zanetta Fontana (meglio conosciuta come Angela), con cui era convolata a nozze nel 1737. Figlia del pittore Domenico Fontana, si unì a Marieschi un anno dopo l’iscrizione dello stesso Michele alla Fraglia veneziana dei pittori, ossia al principio del suo massimo momento di splendore professionale (seppur per pochi anni). Alla morte di Marieschi, egli non è ancora così ricco come avrebbe meritato: non è un caso se il suo funerale sarà economicamente organizzato dalla moglie con l’assistenza del Capitolo dei pittori.
Facendo un po’ di “gossip storico”, il 29 ottobre 1744, la vedova del Marieschi convola nuovamente a nozze con Francesco Albotto, definito nell’ambiente “il secondo Marieschi”. Quest’ultimo, anch’egli pittore, era appunto allievo del Marieschi. Che la simpatia tra la moglie del maestro e l’allievo sia nata prima o dopo la morte del Marieschi stesso non è dato a sapere e, ovviamente, rimarrà per sempre avvolto nel mistero. Quello che è certo, è che per Angela Fontana si trattava di una seconda chance offerta dalla vita. Un’opportunità, però, che sarà interrotta bruscamente dalla sfortuna. Infatti, dalla loro unione, il 29 novembre 1751 nasce Pietro Andrea Maria Albotto, che muore appena dieci giorni dopo. Angela Fontana si spegne il 31 dicembre dello stesso anno e così Albotto si risposa poco dopo con Giovanna Protesana. Ma questo idillio dura pochi anni in quanto, il 13 gennaio 1757, Francesco Albotto muore a sua volta a 36 anni a causa di «febre et congestioni di fegato». Una vera e propria maledizione.
JACOPO E MICHELE, LA CONFUSIONE STORICA
Per molti anni le opere di Michele Marieschi saranno letteralmente confuse e attribuite a Jacopo Marieschi. I due condividevano il cognome, ma non la parentela. Jacopo Marieschi, allievo di Gaspare Diziani, nasce nel 1711 e la contemporaneità con Michele diviene oggetto di sfortunati scambi di persona. La confusione è oltremodo giustificabile dato che il Diziani collabora con entrambi.
Michele Marieschi nasce l’1 dicembre 1710 in Calle dei Caleri ai Servi a Venezia. E’ figlio di un modesto intagliatore di legno, Antonio, che lascia Michele orfano all’età di 11 anni. Difficile che il babbo gli abbia insegnato tutti i segreti dell’arte ed è qui che entrano in gioco non solo Gaspare Diziani, ma anche il nonno materno Antonio Meneghini, pittore che per mestiere è incaricato di creare scenografie teatrali. Non è un caso se nel 1731 l’impresario Francesco Tasso ordina al ventenne Michele la realizzazione della scenografia per il Carnevale Veneziano in piazza. E’ grazie all’influenza del teatro che riesce a differenziarsi dagli altri vedutisti, tanto da «portarsi in Germania, dove con la bizzarria e copia delle sue idee piacque a molti personaggi, che lo impiegarono in grandi e piccole operazioni». Qui non solo si specializza nella raffigurazione delle scene, ma anche a «progetti di fantastici edifici».
Michele torna in Italia nel maggio del 1735, invitato a Fano per le onoranze funebri alla regina di Polonia, Maria Clementina Sobiesky. Come già detto in precedenza, nel 1736 è iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani e fino al 1740 il collezionista Johann Matthias von der Schulenburg acquista sei tele dell’artista. Per “Corte di Palazzo”, gli viene offerta la cifra eccezionale di 50 zecchini. A spingerlo verso queste conoscenze sono i “rapporti umani”, dato che la casa del collezionista Anton Maria Zanetti è frequentata dal pittore Sebastiano Ricci, conoscente della famiglia Marieschi e che di fatto fa da intermediario con von der Schulenburg.
Michele Marieschi ormai si definisce «pittore e architetto», utilizza le incisioni per rendere ancora più note le sue opere e nel 1741 arriva a pubblicare “Magnificentiores selectioresque Urbis Venetiarum prospectus”: 21 vedute da lui stesso intagliate intitolandole «prospettive scelte».
La fama ormai è al massimo, ma giunge poco prima della morte.
LO STILE
Quelle di Michele Marieschi sono spesso vedute che ritraggono personaggi dallo spiccato gusto teatrale. Il critico Antonio Morassi scrive: «pur partendo dai presupposti canalettiani, il Marieschi acquistò presto una sua fisionomia artistica individuale, un suo stile ben definito, che lo rende riconoscibile fra i tanti altri vedutisti veneziani del suo tempo». Egli “si distingue” e ciò fa la differenza.
Anche i suoi cieli sono «cilestrini e perlacei, come pervasi da vapori leggeri, qua e là cosparsi di nuvole vaghe, quasi batuffoli bambagiosi, appena distinte nell’atmosfera».
L’attenzione ai dettagli è massima e affronta le più svariate tematiche: dalle barche alle insenature di laghi, fiumi o lagune, rovine, castelli, case rustiche, villaggi lontani, obelischi, templi, minareti, monumenti, paesaggi alberati e atmosfere. Marieschi s’ispira a tutti per non essere nessuno: nelle sue composizioni si vedono reminescenze che ricordano Luca Carlevarijs, Canaletto, Francesco Guardi e Marco Ricci, solo per citarne alcuni. Fonde l’architettura col paesaggio, ma non si limita a una foto puramente architettonica, donando allo spettatore la vita pulsante di Venezia, capricci, giochi e rappresentazioni.
Grazie allo sguardo si possono sentire i suoni perduti, gli odori dei caminetti e il chiacchierare di lavoratori, servi o nobili.
Ad oggi si contano circa 200 opere complessive: un numero limitato rispetto a quanto Marieschi avrebbe potuto ancora dare, ma in misura sufficiente per averlo reso “grande” pur essendosene andato troppo presto.
Alberto Sanavia
Bibliografia:
Argentieri Giuseppe – Pittori veneti del ‘700 – Mondadori (1968)
Bortoluzzi Valentina – Anton Maria Zanetti e il ruolo di promotore della cultura artistica del suo tempo – Tesi (2014)
Brusegan Marcello – I personaggi che hanno fatto grande Venezia – Newton (2006)
Fogolari Gino – Michele Marieschi pittore prospettico veneziano (1909)
Galli Alessandro – Catalogo Porro Art consulting – Asta 54 (2009)
Morassi Antonio – Circa gli esordi del vedutismo di Francesco Guardi con qualche cenno sul Marieschi (1959)
Trastulli Federico – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 70 (2008)
https://www.salamonfineart.it/bio.php?codice=82