Riflessioni sulle mancate opportunità nel rendere il passato un vero traino per il futuro
Vi è la strana convinzione che l’arte, per essere apprezzata, debba essere pubblica. Eppure, da che mondo è mondo, l’arte è sempre stata un affare privato. Per quanta poca empatia si possa provare nei confronti dei nobili o aristocratici – che ad oggi chiamiamo più semplicemente “ricchi” – essi hanno consentito che milioni di opere siano giunte a noi. Altrettante sono ancora nascoste, ma è grazie a quel senso di gelosia che queste potranno sopravvivere ai nostri figli e ai nostri nipoti, giungendo intatte e splendenti alle generazioni future. Ciò vale anche per edifici storici o ville. Premesso ciò, bisogna fare alcune considerazioni.
I musei sono organizzati male. Non tutti, certo, ma una gran parte di loro sono semplici magazzini sconosciuti. Nel momento in cui un museo apre al pubblico, lo deve fare per attirarlo.
Pertanto trovo inutile che si vieti di scattare qualche foto alle opere (anche senza flash, ovviamente): molto spesso lo si nega al solo scopo di vendere il libro/catalogo che viene proposto all’uscita dall’ultima stanza del museo. Nel 2020 ogni opera si può ritrovare su internet, anche in alta definizione, pertanto la negazione della foto è la negazione del consentire all’utente di sentirsi partecipe della mostra.
In secondo luogo gli orari di apertura sono incomprensibili: quasi sempre combaciano con l’orario di lavoro o di studio, costringendo così la massa a visitarli nei weekend, tra il nervosismo di chi si vorrebbe godere un’opera in santa pace e quella degli addetti ai lavori che devono correre stressati tra le stanze, giusto per redarguire persone che vorrebbero toccare i quadri o per richiamare bambini che gridano e corrono come fossero al Luna Park.
In terza battuta, i musei non dovrebbero essere “isolati”: quanto bello sarebbe poter pranzare/cenare (non a prezzi folli) in un ristorante posto all’interno dell’edificio e poi godersi le opere esposte senza aver l’ansia dell’orario di chiusura? Perché non inserire al loro interno concerti o attività teatrali, magari valorizzando le band o le compagnie locali che spesso non sanno dove esibirsi?
Infine i musei dovrebbero avere di default l’audioguida compresa nel prezzo del biglietto, fornire descrizioni scritte accurate in calce a quanto esposto o dare l’opportunità di collegarsi ad applicazioni per l’ascolto via cellulare, dato che ad oggi tutti ne abbiamo uno.
La “domenica gratuita” al museo è una bella iniziativa, certo, ma non sarà quella che rilancerà l’interesse per l’arte o che potrà finalmente consentire a questa di essere un volano per l’economia.
Abbiamo una Ferrari. Ma piuttosto che guidarla ci limitiamo ad osservarla dalla vetrina.
Alberto Sanavia