Conegliano patria del Prosecco. Un binomio immediato, inscindibile, il vero motore turistico ed economico della zona. Ma questa volta lasceremo in disparte i fasti e l’allegria delle bollicine per parlare di una piccola stanza. In penombra ed affascinante. Per certi versi, unica.
Passeggiando perpendicolarmente dal Duomo di Conegliano (TV) ver
so la collina che si erge alle sue spalle, dopo poche centinaia di metri si raggiunge il Castello di Conegliano o meglio, quel che ne rimane. In mezzo ad un giardino ben curato svetta la Torre della Campana, che serviva per la chiamata a raccolta della popolazione e per comunicare l’inizio del Consiglio cittadino. Orientiamoci coi tempi: non sappiamo la data precisa della posa della prima pietra, ma possiamo ritenere che dal XII secolo sia iniziato questo lungo lavoro di costruzione e restaurazione a seguito di crolli (1491) e innalzamenti (1847-1855).
Oltre ai “lavori in corso” perenni, si aggiunge il cambio di “proprietà” della Conegliano stessa. E’ il 23 marzo 1337 quando la città abbandona gli Scaligeri di Verona per passare sotto l’ala protettrice della Repubblica di Venezia: poco meno di 50 anni dopo, sarebbero arrivati quei “padovani” dei Carraresi, che sostanzialmente governarono la città in nome e per conto di mamma Venezia.
E’ proprio durante il periodo veneziano che nel tormentato Castello nasce la Sala del Camino, all’interno della quale si trova uno dei rari camini dalla curiosa forma di corno dogale, il tipico copricapo utilizzato dai Dogi di Venezia in occasioni ufficiali o di particolare valenza. Un camino quindi ben diverso dai classici “squadrati” veneziani, utilizzati per lo più al fine di riscaldamento o per nobile vezzo estetico. Questi, al massimo,
potevano presentare sulla sommità lo stemma della famiglia dogale, ma non essere essi stessi il cappello del Doge! Curiosità: a ridosso del soffitto, il camino del Castello presenta l’emblema della Città di Conegliano, quello scudo azzurro con croce dorata che ricorda in tutto e per tutto quegli stessi Scaligeri che i trevigiani rinnegarono. Per gli amanti del campanilismo, un camino a forma di corno dogale coi colori “veronesi” a rappresentare una città “trevigiana” poi controllata dai “padovani”… beh, è di certo un’allegra bizzarria!
Alberto Sanavia