Le quattro scomuniche papali a Venezia dal 27 marzo 1309 al 16 aprile 1606. Motivi morali o economici? Cosa fece arrabbiare così tanto i pontefici?
Era il 16 aprile del 1606 quando Venezia fu colpita dall’interdetto di papa Paolo V. Ma quella fu solo la quarta volta prima di allora.
Facciamo un passo indietro.
Nel diritto canonico, l’interdetto equivale a una scomunica rivolta non a una singola persona ma a un territorio. Con esso si nega la possibilità di celebrare battesimi, matrimoni, funerali e di dire messa.
Ma per quale motivo Venezia fu colpita così tante volte? Motivi “etici”? O piuttosto… economici?
27 MARZO 1309: C’E’ SEMPRE UNA PRIMA VOLTA
1309. Avignone non fa ancora parte della Francia, ma è un feudo imperiale retto dal Re di
Sicilia. Quattro anni prima Clemente V viene eletto papa per mantenere una sorta di “neutralità” a seguito del conclave di Perugia, dopo alcune dispute tra cardinali francesi e italiani. Oltre a non aver mai visto l’Italia dato che è nato in Guascogna (territorio a sud-ovest della Francia al confine con la Spagna), Clemente V non è neppure cardinale e la sua elezione appare chiara: il papa è una pedina del re francese Filippo il Bello. Guarda caso, la nuova sede papale diventa proprio Avignone.
PERCHE’ L’INTERDETTO? Nel 1308 la Serenissima inizia la sua politica di espansione in terraferma con obiettivo Ferrara, strategica per la libera circolazione delle merci sul fiume Po. La morte di Azzo VIII d’Este scatena una lotta di successione fra il figlio Fresco d’Este – che strizza l’occhio ai veneziani – e il nipote Folco d’Este che, strano il caso, è appoggiato proprio da… papa Clemente V.
Venezia prende la città, dichiara guerra al papa e Clemente V, il giorno successivo a un colloquio avvenuto con tre ambasciatori veneziani il 26 marzo 1309, minaccia il doge Pietro Gradenigo e Venezia: “se nel termine di 30 giorni i ferraresi non saranno lasciati liberi, il doge, i suoi consiglieri, i Veneziani tutti e ogni abitante del dominio veneziano siano immediatamente scomunicati. Anche coloro che porteranno vettovaglie o mercanzie di qualsiasi tipo a Venezia, o che compreranno merci o qualsiasi cosa dai Veneziani, siano immediatamente scomunicati”.
Ovviamente passano 30 giorni senza che Venezia ascolti tali parole. Questo però favorisce le forze “antiveneziane”, con tanto di chiusure di scali, sequestri e catture. Il 3 novembre dello stesso anno la Serenissima stipula una tregua ma si affida a un consultore per spiegare – sul piano del diritto – che la Chiesa non deve conferire carattere spirituale alle cose profane.
L’ACCORDO. Nel 1311 lo Stato Pontificio ottiene la restituzione di Ferrara, lasciando però libero spazio agli scambi commerciali di Venezia sul Po in cambio di 10 mila fiorini d’oro donati al papa.
Amen.
22 GIUGNO 1483, FERRARA. ANCORA TU? NON DOVEVAMO VEDERCI PIU’?
Sono i primi anni del 1480. Girolamo Riario, Signore di Imola e Forlì, è nipote di papa
Sisto IV, nonché capitano generale della Chiesa (aiutino di parentela, ammettiamolo). Riario suggerisce a Venezia di attaccare Ferrara in quanto la città estense sta minacciando il commercio del sale che raccoglie presso Comacchio. Un fatto molto grave per la Serenissima, che di questo commercio aveva sempre fatto uno dei suoi punti di forza. Dal 1482 al 1484 si terrà così la nuova Guerra di Ferrara, meglio conosciuta come Guerra del Sale.
VENEZIA COL PAPA. A differenza del 1309, questa volta Venezia è appoggiata dalle truppe pontificie, ma anche da Genova e dal marchese Bonifacio III del Monferrato. Non solo, il 22 giugno 1482 il papa firma un’alleanza della durata di 7 anni con Venezia.
Dalla parte opposta, a “difendere” Ferrara ci sono il re di Napoli Ferdinando I, Federico I Gonzaga marchese di Mantova, Giovanni II Bentivoglio di Bologna e il duca di Urbino, Federico da Montefeltro.
L’ATTACCO. Roberto Malatesta, a capo dell’esercito pontificio, supporta la Serenissima. Guidata da Roberto Sanseverino, Venezia attacca il ducato di Ferrara sia da nord che da sud, conquistando Rovigo, il Polesine, Comacchio, Lendinara, Adria, Ficarolo e Argenta.
Succede però che, presso le paludi Pontine, Malatesta muoia a causa della malaria. Un duro colpo per lo Stato pontificio. Il papa rinuncia alla guerra e stipula un accordo con Ferdinando I di Napoli, invitando Venezia a fare altrettanto.
LA REAZIONE VENEZIANA. Sotto il dogado di Giovanni Mocenigo, la Repubblica di Venezia non solo non rinuncia alla guerra ma ordina di attaccare i possedimenti degli Aragonesi in Puglia per “fargliela pagare” al Regno di Napoli.
IL “TRADIMENTO” PAPALE. Il 22 giugno 1483, a poco più di un anno dall’accordo dei 7 anni con Venezia, Sisto IV lancia l’interdetto contro la Repubblica di Venezia per interrompere la guerra. Ancora una volta la Serenissima affida a un consultore, Roberto da San Severino, di trattare con i nemici.
Tutti, tranne che con il papa.
“SALI E SALVI”. Dopo l’armistizio del 22 luglio, il 7 agosto a Brescia si firma la Pace di Bagnolo. Una lunga trattativa in cui ne beneficiano tutti al di fuori dello Stato pontificio. Venezia non solo mantiene il Polesine e Rovigo (quindi il controllo del sale), ma ottiene quei territori del bresciano, bergamasco e veronese che erano stati persi durante il conflitto. Ferrara si vede restituire Ariano, Adria, Castelguglielmo, Castelnuovo, Corbola, Ficarolo e Merlara. Il re di Napoli, infine, si fa riconsegnare Gallipoli e gli altri territori conquistati da Venezia nella reazione al tradimento papale.
27 APRILE 1509. DAL PAPA, L’IDEA DI UNA LEGA CONTRO VENEZIA
1503. Tutto nasce l’8 settembre del 1503. Dopo la morte del papa Alessandro VI –
avvenuta il 18 agosto dello stesso anno – Cesare Borgia inizia la sua parabola discendente e la Repubblica di Venezia ne approfitta per occupare i domini romagnoli. Il nuovo papa Giulio II – dopo aver ricevuto l’appoggio di Venezia per la sua elezione – nel gennaio del 1504 chiede la restituzione delle terre. Invano.
LA LEGA DI CAMBRAI. Si potrebbero scrivere decine di libri su questa guerra. Tutte le potenze europee erano pronte non solo a limitare il potere espansionistico di Venezia, ma persino a costringerla a ritirarsi in laguna. Per poi, magari, annientarla. Stato Pontificio, Austria, Francia, Spagna, Ungheria, Savoia, Ferrara, Mantova: a esse negli anni si aggiunsero quasi tutti. Tutti contro Venezia. Tutti uniti dall’idea dello Stato pontificio.
La Serenissima fiuta il pericolo e il 4 aprile 1509 offre al papa la restituzione di Faenza e Rimini. Il danno però è fatto e Giulio II scaglia il suo interdetto il 27 aprile 1509. Probabilmente per Venezia, questa volta, l’interdetto è il male minore.
NUOVE STRATEGIE. Più che la forza, sarà la diplomazia a salvare la Serenissima. Anche se i veneziani studiano la nascita delle cernide, ossia il reclutamento nelle campagne di uomini tra i 20 e 60 anni per la difesa del proprio territorio, la mossa però non sortisce frutti immediati. Ciò avverrà entro il 1525, quando Venezia riuscirà a “riunire” 24.100 uomini.
ITALIA, PIATTO RICCO MI CI FICCO. Saltando anni di intense e dettagliate lotte, l’epilogo arriva nel 1516 con la pace di Noyon, dato che gli stati europei avevano man mano perso l’obiettivo primo di sconfiggere Venezia in cambio di appropriarsi loro stessi di più terre possibili. La Spagna ottiene il regno di Napoli, la Sicilia e la Sardegna, mentre la Francia si riappropria del ducato di Milano. Giulio II nel frattempo era morto nel 1513 e questo, per Venezia, non è stato poi così male.
16 APRILE 1606, STATO E CHIESA ALLA RESA DEI CONTI
Il papa Paolo V è arrabbiato con Venezia (ma dai?). A voi capire quale sia la motivazione
utile e quella futile:
1) il 26 marzo del 1605 la Serenissima approva che le alienazioni di stabili ad ecclesiastici debbano essere approvate dal Senato, anche perché i lasciti dei privati si stanno gonfiando aumentando in modo esponenziale le rendite della curia romana.
2) il canonico Scipione Saraceni di Vicenza e il conte Brandolino (o Marcantonio) Bragadin di Nervesa sono accusati dalla Serenissima per gravi reati. Il primo di aver abusato della propria nipote, il secondo di aver commesso efferati omicidi e violenze di ogni genere. Il papa ritiene che di questo se ne debba occupare il tribunale ecclesiastico.
Il 10 dicembre 1605 Paolo V minaccia quindi di lanciare l’interdetto e Venezia se ne frega dichiarando l’ultimatum “nullo e privo di valore”. Così l’interdetto arriva il 16 aprile del 1606.
LO SPIRITO SANTO O L’IMPICCAGIONE? La Repubblica invita i preti di tutto il territorio ad aprire le chiese. Si racconta che un vicario di Padova si rifiutò di obbedire al podestà, rispondendo che avrebbe fatto solo ciò che lo Spirito Santo gli ispirava. Il podestà disse che lo Spirito Santo aveva già ispirato il Consiglio dei X di far impiccare tutti coloro che non avessero obbedito. Motivo per cui il prete non perse altro tempo per aprire la chiesa e celebrare messa.
SARPI, UN FRATE PER LA SERENISSIMA. La battaglia questa volta non si svolge con le armi ma con le carte. Secondo lui la Repubblica ha il diritto di perseguire i religiosi imputati di reati comuni. Potere civile e religioso vengono distinti, l’uno nel rispetto dell’altro. Una lotta che varca i confini nazionali, giungendo all’orecchio di Inghilterra (più vicina a Venezia) e Spagna (allo Stato pontificio). Sarpi riceve la scomunica (ovviamente) ma il 21 aprile del 1607 viene revocata insieme all’interdetto. Grazie infatti alla mediazione del re di Francia Enrico IV, papa e Venezia trovano un accordo, necessario soprattutto perché la cosa non vada a creare conflitti a livello europeo.
I due canonici arrestati vengono dapprima consegnati all’ambasciatore francese e a loro volta alle autorità romane, mentre le leggi definite “antiecclesiastiche” non vengono abrogate. Tutti gli ordini religiosi che avevano abbandonato Venezia fanno ritorno, ad eccezione dei Gesuiti: un esilio che durerà 50 anni con la minaccia di morte e la confisca di beni per tutti quelli che si fanno educare da loro.
Alberto Sanavia
BIBLIOGRAFIA
G. Di Stefano, Atlante storico della Serenissima, 2010
C. Diel, La Repubblica di Venezia, 2004
M. Brusegan, Storia insolita di Venezia, 2003
G. Nani Mocenigo, Della difesa di Venezia, 1997
Nell’immagine di copertina: “Visentini Antonio – Campo dei Gesuiti – 1754″