Nella filosofia indiana, il “karma” è l’attivazione del principio di causa-effetto delle azioni dell’essere umano, svolto all’elevazione dello stesso. Un concetto che, banalizzando, dovrebbe trovare il suo logico compimento nella vita di tutti i giorni: dal lavoro alla famiglia, dai rapporti interpersonali con gli amici all’amore. Coltiva e raccogli, prendi cura e guarisci, dai e ti sarà dato. Un concetto troppo spesso dimenticato – soprattutto in Italia – attraverso il quale si è giunti allo smarrimento della logica del “vota e verrà eletto”, “dimettiti e vai a casa”. Da troppo tempo l’effetto non è conseguenza della causa e questo destabilizza, porta ad un’anarchia morale in cui vengono a mancare i punti di riferimento. Il 4 ottobre 2007, davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato, l’ex ministro delle Finanze Padoa Schioppa (elaboriamo il lutto con un Amen), invitò con una battuta a mandare i “bamboccioni” fuori di casa. Da lì iniziò una decade di dekarmizzazione (dopo “petaloso” tutti possiamo inventare nuove parole) che fu da precorritrice all’attuale situazione governativa italiana, indicando con un dito la Luna ma soffermandosi con lo sguardo sull’unghia.
Classe 1982, Francesco Gabbani firmò il suo primo contratto discografico a 18 anni, dando inizio così alla sua carriera artistica. Mentre lui studiava, lavorava, lottava, il palcoscenico musicale italiano si divideva in due parti: la prima composta dai grandi autori/interpreti giunti al successo ai tempi del karma (Ferro, Giorgia, Ligabue, Rossi, Zucchero ecc.), la seconda da un susseguirsi di giovani “usa e getta” frutto del susseguirsi delle edizioni dei talent. Curiosamente, l’ultima categoria è divenuta protagonista dei mass media, quali la televisione e il web. Unico baluardo della prima categoria è rimasta una parte della radio, troppo “vecchia” per essere travolta totalmente dalla nuova moda. La vittoria di Francesco Gabbani incarna la rivincita dei bamboccioni, rimasti fino ad oggi nella casa dell’anonimato a discapito della finta autonomia del successo immediato. L’esordio a 33 anni nella categoria Giovani, la vittoria della stessa, la partecipazione tra i Big e il trionfo a 34 anni. Gabbani non si è fatto paracadutare su un’isola, non ha mandato a quel paese i professori che lo valutavano davanti alle telecamere, non ha aperto un canale YouTube sputando giudizi o cattiverie sugli altri. Gabbani ha scelto la strada vecchia per la nuova e, alla fine, proprio lui si è rivelato la novità di questa edizione. In un 2017 in cui alcuni “big” hanno preso coscienza che non possono vivere per sempre sugli allori del tempo che fu pretendendo un continuo riconoscimento anche nel presente, Gabbani ha sfoderato ironia, capacità e sicurezza in se stesso, maturata grazie ad un percorso in cui gli schiaffi hanno a lungo superato gli applausi. Il gigante Sylvestre è apparso piccolo di fronte ad un bamboccione che sicuramente ha affrontato questo Festival con lo spirito giusto. Ora verrà travolto da quel successo che giustamente merita e che per anni non lo ha nemmeno guardato, come la ragazza più bella della scuola che d’un tratto inizia a strizzarti l’occhio. Questa è stata la novità. Il ritorno alla normalità. Occidentali’s Karma.
LO SPETTACOLO. Carlo Conti stava giocando la sua partita da due anni e stava vincendo già per 2-0. Al novantesimo minuto ha deciso di far entrare in campo il “Maradona” degli ascolti televisivi, Maria De Filippi. E così ha vinto 3-0, regalando ascolti e professionalità. Si percepiva inoltre che la stima reciproca era reale, non di facciata. E’ come se il “fiorentino” Conti avesse fatto giocare in maglia viola un’amica “juventina”, ottenendo un plebiscito che non potrà più replicare. Dopo il 3-0 meritatissimo, Conti si tirerà giustamente fuori. Al nuovo coach spetterà il compito di rifare la squadra che dovrà essere rivoluzionata, necessariamente. Serviranno nuovi stimoli, nuove alchimie sul palco e dietro le quinte. Serviranno nuovi nomi. Solo così Sanremo potrà continuare ad essere il grande spettacolo che solo Conti è riuscito a rivalorizzare.
Alberto Sanavia
FOTO DI MAURO PASTORELLO